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mercoledì 3 aprile 2013

Bovisa-Dergano, un «paese» che si muove contro il degrado

L’identità forte di un quartiere dove i residenti si prendono cura del territorio che abitano


Dovrebbe essere prassi diffusa e consolidata com’è in molte metropoli del Nord Europa ma a Milano accade invece ancora di rado, in pochissime zone. Una di queste è la Bovisa, storica periferia raccontata da Olmi e Testori che la descrivono per com’era, piena di fabbriche e osterie, sede dell’antica nostra cinecittà e icona di una Milano che non c’è più. Ma a differenza che altrove qui qualcosa è rimasto: l’identità forte di un quartiere dove i residenti si prendono davvero cura del territorio che abitano. Tanto che, come raccontiamo mercoledì 3 aprile sul Corriere nelle pagine dedicate a Casa e Condominio, in quest’area si registra uno dei record per numero di comitati di zona e associazioni attive per il recupero delle aree lasciate all’abbandono e al degrado. UN QUARTIERE VIVO - Prezzi scesi del 30% in due anni ma una domanda che tiene e anzi cresce, anche se poi gli affari, a causa della crisi, si concludono raramente. Così le agenzie vedono la Bovisa e l’adiacente Dergano, quartieri attigui di matrice distinta (operaio il primo, artigiano il secondo) e tuttavia speculari nella conformazione, omogenei per tipo di abitanti e simili per le dinamiche del mercato immobiliare. «L’arrivo del Politecnico, della metro gialla e dell’ufficio di Piano Expo hanno risvegliato l’interesse, eppure la trasformazione di quest’area da zona industriale a polo di nuovi servizi si è compiuta soltanto a metà», osserva Giovanni La Varra, docente alla Scuola di architettura e società del Politecnico. A oggi resta ancora incompiuta l’opera più ambiziosa, il recupero dell’enorme spazio intorno ai gasometri, dentro l’anello ferroviario: e forse anche per questo, nota l’esperto, «il passaggio ad un ruolo nuovo nella città è avvenuto solo in parte quando invece Bovisa e Dergano, in ottica di Expo, potrebbero persino diventare "la" cittadella destinata alla ricettività e ospitalità ai giovani che arrivano da fuori». Ma è questo - un «ruolo nuovo» che in qualche modo cadrebbe dall’alto - ciò che vuole chi abita il quartiere? O in realtà qui gli abitanti si stanno già muovendo con le loro associazioni e i loro comitati e vogliono continuare per questa strada - ad alimentare dal basso, senza troppa visibilità e senza scossoni, la vitalità del loro paese nel Paese?

SCINTILLE CONTRO IL DEGRADO - A citarli tutti non basterebbero 300 righe: di iniziative interessanti la Bovisa e Dérgano sono pieni e sono tutte all’insegna di una comune filosofia di vita orientata al risparmio, alla cura per l’ambiente e al calore del buon vicinato. Si va dal progetto Zup – Zuppa Urban Project ideato da Noemi Satta per «mappare le cose belle e brutte che ci sono nella zona e più in concreto, in queste settimane, per attivare azioni di rigenerazione urbana nello spicchio di verde di via Tartini abbandonato a se stesso» all’Orto conviviale del Politecnico con l’associazione Coltivando che ha aperto ai cittadini armati di zappe, sementi e carriole, i cancelli del campus di via Durando.

La Onlus Magiudo
ABITARE INSIEME - Dalle riunioni del comitato La goccia nella vivacissima biblioteca di via Baldinucci per pretendere «verde, non cemento» a ovest della stazione fino allo sforzo della Onlus Magiudo per strappare al degrado un altro francobollo di prato, quello di via Maddalena Giudice Donadoni. E ancora dal co-housing dietro via Andreoli con Gas, car-sharing, lavanderia, hobby room e sala cene in comune per abbattere i costi anche del 15% alla casa ecologica di via Candiani realizzata dai residenti della cooperativa Bovisa90 e circondata da un grande giardino con collina e laghetto ben autogestito e aperto al quartiere dove le bollette, secondo alcuni calcoli, costano fino a un terzo meno rispetto a quelle di altri edifici milanesi.

O infine, per citare un’altra delle innumerevoli iniziative, il progetto «Made in Bovisa» dei genitori di una scuola, la primaria Bodio, ad elevato tasso di immigrazione: «Il recupero della storia del quartiere è a vantaggio di tutti, dei piccoli ma anche di noi adulti che siamo arrivati da lontano», spiega Miyuki Ikeda, giapponese, mamma di Elia. In questo caso nonna Adele, 84 anni, storica residente, ha raccontato nell’aula magna della scuola con il supporto di scritti e foto d’epoca, com’erano la Bovisa e Dergano quando lei era bambina. Mentre gli alunni con insegnanti e genitori sono usciti dall’istituto più volte per andare a vedere, nelle vie della zona, come lavorano gli artigiani, dal fabbro al falegname al gelataio. Perché qui i negozi «antichi» resistono. E contribuiscono a far innamorare anche chi, magari per caso, da questo quartiere passa, e poi forse resta.
(Fonte Corriere.it, Elisabetta Andreis)

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